Ravello Festival 27 giugno 2008 – 07 settembre 2008

ravello festival 200827 giugno 2008 – 07 settembre 2008
Ravello Festival

La Diversità

La Diversità implica la coesistenza di due distinte entità (ad esempio: uomo – donna) dal cui paragone emerge una differenza o, addirittura, una opposizione. Tuttavia, le diversità aprono un arco infinito di sfumature impercettibili, che vanno dal divergente all’opposto, dal dissimile al vario, dall’originale all’unico, dal molteplice al difforme.

In natura, non c’è praticamente nulla che non sia diverso da tutto il resto, o che non tragga la sua identità proprio dalla diversità.

Il concetto di Diversità può avere una connotazione positiva o una connotazione negativa: assume un valore positivo quando è considerata come condizione indispensabile per la dialettica feconda tra una tesi e un’antitesi capaci di produrre una sintesi superiore; quando allude alla varietà, all’originalità, alla distinzione, all’eccellenza; quando postula tolleranza, inclusività, accoglienza, polifonia. Assume invece valore negativo quando rinvia allo snobismo, alla stravaganza, all’inferiorità, alla pecora nera, all’indisciplinato; diversità ricambiate con l’esclusione, il rifiuto, l’intolleranza, il razzismo, la punizione, l’isolamento.

Michael de Montaigne affermò: “La qualità più universale è la diversità”. Paul Valéry, invece, sosteneva: “Arricchiamoci delle nostre reciproche differenze”; mentre, nella Fattoria degli Animali, George Orwell scriveva: “All animals are egual, but some animals are more egual than others (Tutti gli animali sono uguali, ma qualcuno è più uguale degli altri)”. La Diversità è dunque un tema che ha attraversato l’arte ed il pensiero di tutte le epoche: dall’antichità, al postmodero, dove si elogia “ciò che si distingue”.

Il Ravello Festival 2008 ha come Leitmotiv “La Diversità”. Per circa centotrenta giorni, musica, danza, cinema, mostre e conferenze accompagneranno gli ospiti in un godibile itinerario intorno a questo tema.

Lo Spirito di Ravello

Lo Spirito di Ravello risiede in una perfetta, delicatissima combinazione di bellezze naturali, memorie storiche e modelli culturali, che consentono una rara qualità della vita, fatta di quiete, crescita interiore, partecipazione al bello, intenso calore affettivo. I Ravellesi hanno il privilegio di aver ricevuto in dono tutto questo, ma hanno il merito di averlo ben coltivato nel corso dei secoli per consegnarlo come patrimonio prezioso al resto dell’umanità e alle future generazioni.

Affinché, dunque, lo Spirito di Ravello si perpetui e si diffonda, affinché ciascuno restituisca a Ravello almeno una parte della gioia che ne riceve, sia coloro che stabilmente vi risiedono, sia coloro che episodicamente vi soggiornano, sono lieti di assumere, nelle loro semplici azioni quotidiane, tutti quei piccoli e gioiosi impegni necessari per:

Proteggere la quiete e la privacy delle persone
Valorizzare i monumenti, la flora e la fauna
Raffinare la pulizia e l’ordine dei luoghi e delle cose
Favorire la crescita culturale propria e altrui
Assicurare la qualità dei servizi e l’equità dei loro costi
Improntare i rapporti reciproci alla dolcezza delle buone maniere
Rispettare le diversità e apprezzare i vantaggi della loro armoniosa convivenza
Procurarsi e trasmettere le informazioni con accuratezza
Partecipare attivamente alla gestione esemplare della cosa pubblica
Contribuire personalmente all’ulteriore perfezionamento dello Spirito di Ravello

La storia

L’attuale Ravello Festival deriva da una serie di iniziative precedenti che ne fanno il più antico festival italiano, dopo il Maggio Musicale Fiorentino.
Va riconosciuto a Girolamo Bottiglieri ed a Paolo Caruso l’ideazione dell’evento culturale che più di ogni altro avrebbe contribuito a costruire l’identità di Ravello come “Città della Musica”.
L’associazione del nome di Wagner alla Villa Rufolo, resa splendida ed accogliente dal filantropo scozzese Francio Neville Reid, era troppo allettante per non suggerire l’idea di realizzare concerti in un sito benedetto personalmente, per altro, dal grande compositore. Perciò, negli anni Trenta del secolo scorso, l’orchestra del Teatro di San Carlo vi si esibì un paio di volte, con programmi legati appunto a Wagner.
Ad uno di questi concerti presenziarono anche i Principi di Piemonte, e Ravello ricambiò l’onore della loro visita dedicando alla Principessa il Belvedere, che attualmente separa l’albergo Sasso dall’albergo Palumbo (e che vari concerti trasformano, oggi, in una piccola Villa Rufolo).
Ma l’idea rimase nell’aria, così che Paolo Caruso la ripropose, vent’anni dopo, aggiungendovi l’ardita soluzione logistica di un palco sospeso nel vuoto. L’iniziativa prese corpo grazie all’impegno dell’Ente Provinciale per il Turismo, allora diretto da Girolamo Bottiglieri e, nell’estate del 1953, in occasione del settantesimo anniversario della morte di Wagner, i “Concerti wagneriani nel giardino di Klingsor” (come diceva testualmente la copertina del programma di sala) presero avvio con due serate affidate all’Orchestra del Teatro di San Carlo diretta da Hermann Scherchen e William Steinberg. Il programma, naturalmente, era tutto dedicato al musicista tedesco.
A partire dalla metà degli anni Settanta il festival si è avvalso della consulenza artistica di Roman Vlad che ha impresso alla rassegna un segno di originale qualità.
Per anni Wagner è rimasto nume tutelare del festival e tuttora l’evento sinfonico clou di ogni edizione viene devotamente riservato alle sue musiche.

Il marchio

Tra i capolavori medievali che impreziosiscono il patrimonio artistico ravellese spicca il pulpito del Duomo, ricco di mosaici policromi. L’opera, commissionata da Nicola Rufolo, fu firmata nel 1272 da Nicola di Bartolomeo.

I mosaici del pulpito colpirono la fantasia di Maurits Cornelis Escher, che soggiornò più volte a Ravello a partire dal 1923. I suoi taccuini contengono numerosi esercizi con cui l’artista olandese copiò questi fregi assimilandone gli effetti labirintici e simbolici che poi ritroviamo nella sua fantastica produzione.Proprio nel corso di questi esercizi, Escher strinse amicizia con Jetta, una giovane turista che, come lui, soggiornava presso l’hotel Toro ed era affascinata dai mosaici del Duomo. In seguito i due giovani si sposeranno.

Tra i molti fregi e simboli che potrebbero ispirare un marchio moderno, radicandolo nella tradizione estetica di Ravello, fa bella mostra di sé, nel retro del pulpito, un grifo giallo in campo verde, circoscritto in un cerchio.

A questo grifo si ispirò Barbara De Masi per costruire il primo marchio del Ravello Festival che, per iniziativa dell’Amministrazione comunale e dell’Assessorato alla cultura allora in carica, fece la sua prima apparizione nel 1994 e nella medesima struttura interdisciplinare poi ripresa, un decennio più tardi, dalla Fondazione Ravello.

Il marchio era costituito dalla stilizzazione del grifone, circondato da una circonferenza entro la quale era contenuta la scritta RAVELLO FESTIVAL.

Il festival interdisciplinare, articolato nelle stesse otto sezioni attuali, fu sperimentato per due estati, nel 1994 e nel 1995. Poi, per una serie di problemi contingenti, l’iniziativa decadde. Dieci anni dopo, il Ravello Festival è rinato su più solide basi, grazie alla Fondazione Ravello. Alla sua ripresa nel 2003, fu bandito un concorso nazionale per l’immagine grafica della manifestazione, vinto da Pietro Amos e dallo Studio Manabò di Salerno.

Amos disegnò un primo logo del Festival, che includeva il marchio in una versione leggermente modificata rispetto a quella di Barbara De Masi: è infatti scomparso il cerchio esterno ed è adottato come colore istituzionale il giallo che evoca le solari, mediterranee luminosità della Costiera Amalfitana.

A partire dall’edizione 2004, l’immagine del Festival è curata da Pietro Amos per tutto ciò che riguarda le illustrazioni e da Michele Spera per tutto ciò che riguarda la grafica. In questo modo la Fondazione ha messo in sinergia due grandi artisti, ognuno eccellente nel proprio campo. Sia Amos che Spera hanno optato per una versione leggera del marchio, senza cerchio esterno, e di colore giallo.

Spera ha poi ridisegnato il logo in due versioni e vi ha inserito il marchio.

Il palco “NICOLA ESPOSITO”

L’ambiente
Villa Rufolo è situata su un terrazzo naturale, posto a circa 340 metri sul livello del mare, che domina il golfo di Salerno. Intorno al complesso di edifici vi è un lussureggiante giardino dovuto alla passione botanica di Francis Navile Read: un giardino ricco di piante esotiche, fiori, palme, pini e cipressi che, da oltre cinquant’anni, fanno da sfondo naturale ai concerti del Ravello Festival, il più antico d’Italia dopo il Maggio Musicale Fiorentino

Non si sa chi abbia concepito per primo questa ardita impalcatura: forse Gerolamo Bottiglieri e Paolo Caruso, che inventarono i “Concerti wagneriani nel Giardino di Klingsor”. I primi due concerti furono organizzati dall’EPT, nel settantesimo anniversario della morte di Richard Wagner. Il primo ebbe luogo il 18 giugno 1953 con l’orchestra del San Carlo diretta da Hermann Scherchen. Il secondo ebbe luogo il 21 giugno con la stessa orchestra diretta da William Steinberg. In entrambi i casi i musicisti furono collocati tra le aiuole. Ancora due anni dopo, come risulta da una foto del 1955, l’orchestra restava situata in giardino.

L’immediato successo della geniale iniziativa spinse gli organizzatori a creare più posti per il pubblico crescente. Di qui l’idea di utilizzare come parterre tutto lo spazio libero tra le aiuole del giardino e costruire nel vuoto, oltre il parapetto, un palco capace di accogliere solisti, orchestra e coro di una grande orchestra.
Lo spazio per costruirvi il palco fu individuato nell’area del Belvedere, prospiciente al mare e costituita da un torrione dalla cui sommità dipartono simmetricamente due scale che consentono di superare il dislivello di circa cinque metri e di raggiungere un terra pieno largo circa sei metri. Questo, a sua volta, è collegato alla parte sottostante dei giardini mediante scale e rampe di accesso.

Il palco è realizzato “nel vuoto”: la struttura tubolare poggiata sul terrazzamento sottostante si innalza per quindici metri fino a raggiungere il livello dei giardini. Ciò conferisce al palcoscenico un aspetto di leggerezza, quasi si librasse nell’aria. “Che dire di questo palco? – ha scritto Francesco Paolantoni – Non è un palco… è una nuvola nel cielo, sulla quale ci sono appoggiati degli angeli”.

Nel corso degli anni le dimensioni del palco sono cresciute per accogliere orchestre e cori numerosi, sino a raggiungere le attuali misure di metri 23 x 13. Inoltre, il palcoscenico è stato modificato per ospitare alcune tipologie di danza, teatro e lirica. Nella stagione del 2003 un evento che comportava l’interazione fra musica e immagine ha richiesto l’installazione di un grande schermo (metri 8 x 10) per proiezione ad alta definizione, sostenuto da tralicci reticolari autoportanti e strallati. Difficoltà non inferiori hanno comportato, nella stagione 2004, lo spettacolo di danza di Maurice Béjart e l’opera Lohengrin 2 di Salvatore Sciarrino.

Tribuna

In un primo tempo il pubblico era sistemato tra le aiuole. Quando divenne più numeroso e lo spazio in giardino non riuscì a contenerlo, allora si fece ricorso a tribune sopraelevate sulle aiuole. A tale scopo, nel corso degli anni, sono state studiate diverse soluzioni tecniche, che da un lato rispettino le normative riguardanti i locali di pubblico spettacolo all’aperto, dall’altro consentano, con soluzioni poco invasive, la fruizione dei giardini anche nei giorni del Festival.

Si è dunque passati, da una tribuna che copriva completamente il Belvedere, fino ad inghiottire le colonne ottagonali, a una realizzazione che individua proprio nel torrino del Belvedere il suo punto nodale capace di favorire l’accoglienza del pubblico e di offrirgli un colpo d’occhio di straordinaria intensità emotiva.

La struttura tecnica

La conformazione del terreno, caratterizzata da forme asimmetriche e da estrema varietà delle quote di appoggio rende particolarmente impegnativo lo studio, la progettazione e la realizzazione sia del palco che della tribuna. Altrettanto difficoltosa è la logistica degli spazi di accesso, così angusti da impedire l’uso dei moderni mezzi meccanici.

Per molte edizioni del Festival, fino a pochi anni fa, le tribune, la struttura portante del palco e il palco stesso sono stati costruiti con pali di legno.
Come si può immaginare, la messa in opera richiedeva una straordinaria perizia artigianale

e un lungo tempo sia per la costruzione che per lo smantellamento. Molti ancora ricordano i colpi d’ascia e di martello con cui i carpentieri impegnati nell’acrobatica costruzione rompevano per giorni e giorni il silenzio ravellese.
Ma il prestigio del Festival è cresciuto parallelamente alla evoluzione tecnologica sicché, una diecina di anni orsono, l’ardita costruzione del palco e della tribuna è stata affidata all’azienda campana Newpont, diretta da Nicola Esposito, che
ha sostituito la fitta trama dei pali di legno con il classico sistema a tubi e giunti su cui venivano installati dei praticabili in legno.

Negli ultimi anni, poi, la ditta Newpont ha adottato il nuovissimo sistema multidirezionale Layter, che offre maggiori garanzie di versatilità, sicurezza, velocità di montaggio, qualità dei materiali, nonché un gradevole risultato estetico finale, seppur limitato dal minimalismo di una struttura metallica.

Infine, le sedie di legno sono state sostituite con più comode sedute in resina; l’acustica è stata notevolmente migliorata con pannelli in plastica attentamente studiati per esaltare la resa musicale senza sacrificare la bellezza del paesaggio.

Dedica
Su questo palco hanno danzato artisti come Nurejev e Carla Fracci, hanno recitato attori come Vittorio Gassman e Irene Papas, si sono alternate formazioni prestigiose come l’Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo, la Staatskapelle di Dresda, la Royal Philharmonic e la London Simphony Orchestra, i complessi del Teatro Kirov di Leningrado e della Gewandhaus di Lipsia, l’Orchestra Nazionale della Rai e quella del Maggio Musicale, l’Orchestre National de France, la London Philarmonia, la Cappella Pietà dei Turchini; complessi da camera come la Chamber Orchestra of Europe e la Camerata Academica del Mozarteum, il Trio di Trieste e il Quartetto Italiano; direttori come Barbirolli e von Matacic, Semkow, Chung, Sanzogno, Temirkanov, Tilson-Thomas, Gergiev, Prêtre, Maazel, Davis e Frühbeck de Burgos, Sinopoli, Tate; solisti come Philip Glass, Kempff, Argerich, Lupu, Weissenberg, Ciccolini, Ughi, Chang, Cassadò, Rostropovich, Asciolla, Rampal, Richard Galliano, Uri Caine, Wayne Shorte, Herbie Hancock, Dave Holland, Brian Blade; cantanti come Domingo, Christoff e Raimondi.

Il palco di Villa Rufolo, unico nel suo genere, dal quale si è sprigionata tanta musica e tanta gioia, è dedicato dal Ravello Festival a Nicola Esposito, già titolare della Newpont, che per anni ha curato e amorevolmente perfezionato quest’opera ardita, consentendo a migliaia di spettatori un irripetibile godimento spirituale.

L’incanto dei concerti e degli spettacoli di danza en plein air che si ripete ogni anno in Villa Rufolo dipende in parte non secondaria dal palco su cui si avvicendano le orchestre, i corpi di ballo, i singoli artisti. Si tratta, infatti, di una costruzione arditissima, che sporge fuori dal parapetto dei giardini, su uno strapiombo di ben 15 metri. L’effetto è suggestivo e ha contribuito non poco al successo del Festival.

I luoghi

Auditorium di Villa Rufolo
Belvedere di Villa Rufolo
Cappella di Villa Rufolo
Chiesa della SS.Annunziata
Chiostro inferiore di Villa Rufolo
Giardino dell’Hotel Palazzo Sasso
Giardino dell’Hotel Palumbo
Giardino dell’Hotel Rufolo
Giardino di Villa Eva
Hotel Villa Maria
Sala dei Cavalieri di Villa Rufolo

Biglietteria del Ravello Festival

Per informazioni e prenotazioni
tel. +39 089 858 422
+ 39 334 6264222

boxoffice@ravellofestival.com

Il Box Office, sito in Ravello di fronte l’ingresso di Villa Rufolo, è aperto tutti i giorni dalle ore 10 alle 20.

Per il Calendario completo del Ravello Festival 2008 clicca qui

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