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COMUNICATO SINDACALE DEI LAVORATORI DEL TEATRO PUBBLICO TRIANON VIVIANI

«Teatro abbandonato da Regione e Provincia»:
nuovo striscione di denuncia dei lavoratori del Trianon Viviani

Con un nuovo striscione sulla facciata del teatro, riprende la protesta dei lavoratori del Trianon Viviani.

I dipendenti del teatro pubblico di Forcella, in assemblea permanente da febbraio, con le segreterie regionali di categoria Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil, contestano gli enti soci, scrivendo su questo nuovo striscione «Teatro abbandonato da Regione e Provincia».

«I pignoramenti notificati stanno per essere eseguiti a giorni – denunciano le maestranze – con l’immediata conseguenza che, dopo aver cessato l’attività che vedeva il Trianon Viviani, il maggiore teatro pubblico per numero di abbonati, ora la collettività rischia di vedersi sfilare la sua proprietà che detiene attraverso la Regione e la Provincia».

Un nuovo striscione torna, quindi, a campeggiare sulla pensilina del teatro, dopo che un altro era stato messo e poi tolto in occasione della prima mondiale del film “Passione” di John Turturro, in segno di «responsabilità e disponibilità».

«Nulla di quanto promesso dall’assessore regionale Marcello Taglialatela e dal presidente del consiglio provinciale Luigi Rispoli si sta avverando e lo stato dell’arte – dichiarano i lavoratori – è che non abbiamo visto il piano industriale, che pure avremmo dovuto conoscere il 21 settembre scorso; non abbiamo certezza sugli stipendi nelle more dell’implementazione di tale piano; così come non c’è ancora nulla per la nostra collega Carmela Sermino, vedova Veropalumbo, vittima della camorra, con un contratto scaduto e senza prospettive».

«La nostra protesta è in campo da mesi – sottolineano in conclusione le maestranze del teatro di Forcella e i sindacati – sempre contraddistinta da grande fair play, ma ora siamo stanchi e bisognosi di certezze e di un futuro concreto per le nostre famiglie: attendiamo legittimamente risposte in tempi strettissimi, senza le quali ci troveremmo costretti ad attuare nuove forme di protesta».

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