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Napoli – la città più conveniente dove fare la spesa

Cinquecento chilometri di strada da percorrere e ben mille euro di differenza nella borsa della spesa. È questa la distanza che separa Rimini da Napoli in termini geografici e di potere di acquisto di una famiglia media. Due poli opposti, secondo un’elaborazione effettuata dal Sole 24 Ore del Lunedì sulla base dei dati dell’Osservatorio Prezzi del ministero dello Sviluppo economico.


L’indagine rivela che su un paniere di 20 prodotti alimentari di prima necessità (tra questi pane, latte, pasta e caffé) nel capoluogo romagnolo una famiglia sborsa in un anno 4.127 euro, mentre a Napoli ci si può permettere lo stesso carrello con 3.043 euro. Alcuni esempi? Per un chilo di pane sulla Riviera si spendono in media 3,75 euro, nel capoluogo partenopeo ne bastano 1,94. La forbice è ampia anche nel caso del prosciutto cotto: quasi 21 euro a Rimini, tre in meno a Napoli.
Il Nord si conferma l’area del Paese dove la spesa costa di più, con un record di ben sei città emiliano-romagnole nei primi 15 posti. Mentre i centri del Sud sono tutti nella fascia del “low cost”.

I risultati non stupiscono Luigi Campiglio, docente di Politica economica dell’Università Cattolica di Milano, che già nel 1996 nel libro “Il costo del vivere” ha costruito l’indice reale del costo della vita in 12 città. «Già allora avevo concluso che vivere al Sud costa meno che al Nord, ma non esiste un differenziale retributivo tale da incentivare la mobilità e il trasferimento al Nord. In più di vent’anni la situazione è rimasta pressoché la stessa: continuiamo a vivere in una società ingessata, che non si muove».
Così, se negli anni Cinquanta il bracciante agricolo che dal Mezzogiorno emigrava a Torino per cercare un lavoro alla Fiat aveva l’aspettativa di moltiplicare il suo reddito, come succede agli immigrati che bussano alla porta del nostro Paese, oggi la situazione è capovolta. «Napoli è l’area metropolitana più giovane d’Italia – ricorda Campiglio -, ma bisogna dare a questi ragazzi un incentivo a muoversi al Nord, con disponibilità di alloggi o facilitando mutui per la prima casa».

Non mancano, però, alcune sorprese. Nella parte bassa della classifica, accanto al Mezzogiorno, spiccano anche città toscane, come Siena, Firenze e Grosseto, o centri di confine come Como, Gorizia e Trieste. In tutte acquistare i beni del paniere individuato costa da 3mila a 3.400 euro. Gorizia fa concorrenza a Napoli sul parmigiano (15,25 euro al chilo contro 16,23), Firenze è competitiva sul burro (7,5 euro contro 9 euro).
«Qui – sottolinea Campiglio – entrano in gioco fattori come la concorrenza, tra diverse catene della grande distribuzione o con città dall’altra parte del confine. In entrambi i casi i consumatori hanno maggiore possibilità di scelta».
Ed è proprio la differenza di potere d’acquisto tra Nord e Sud a muovere la nuova bozza di riforma del ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta. Dopo il via libera del Senato al federalismo fiscale, torna così d’attualità il tema delle gabbie salariali, da anni cavallo di battaglia della Lega. L’idea di Brunetta, secondo le indiscrezioni, è quella di legare al territorio la contrattazione salariale di secondo livello per gli statali con un sistema di incentivi legati alla produttività.

fonte: ilsole24.com

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